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I borghi che combattono lo spopolamento con l’inclusione

I borghi che combattono lo spopolamento con l’inclusione

Negli ultimi decenni, lo spopolamento dei borghi italiani è diventato un fenomeno sempre più diffuso. Interi paesi si svuotano lentamente, vittime dell’invecchiamento della popolazione, dell’emigrazione giovanile e della carenza di opportunità lavorative. Tuttavia, in questo scenario di abbandono, esistono realtà che hanno scelto una strada diversa: quella dell’inclusione. L’accoglienza di migranti, la promozione della diversità e l’integrazione sociale diventano strumenti efficaci per rigenerare comunità, salvare scuole, rivitalizzare economie locali e costruire un futuro sostenibile.

Borghi in rinascita: quando l’accoglienza fa la differenza

Diversi comuni italiani, soprattutto nel Sud e nelle zone interne, hanno deciso di invertire la rotta puntando sull’inclusione come leva per contrastare lo spopolamento. Riace, in Calabria, è stato uno dei primi esempi emblematici. Il piccolo borgo, grazie a un sistema di accoglienza diffusa per richiedenti asilo e rifugiati, è riuscito per anni a ripopolarsi, riaprendo botteghe, scuole e attività artigianali.

A partire da quel modello, molti altri paesi hanno sviluppato progettualità simili. Camini, anch’esso in Calabria, ha dato vita a cooperative che coinvolgono italiani e migranti nella produzione di ceramiche, tessuti e altri prodotti artigianali. A Sutera, in Sicilia, l’arrivo di famiglie africane ha evitato la chiusura della scuola elementare, ridando vita a un centro storico che stava morendo.

Inclusione come motore economico e sociale

L’inclusione nei borghi non è solo un gesto umanitario, ma anche una strategia economica e sociale. I nuovi abitanti, spesso giovani e desiderosi di costruirsi una vita dignitosa, portano forza lavoro, nuove competenze e una prospettiva diversa. In molti casi si sono inseriti con successo nel settore agricolo, nella ristorazione o in progetti turistici sostenibili.

Un esempio significativo è quello di Sant’Alessio in Aspromonte, dove i migranti sono stati coinvolti in attività forestali e nella manutenzione del territorio. L’inclusione ha anche un impatto culturale positivo: scuole più vive, eventi interculturali, cucine che si contaminano, lingue che si mescolano. In breve, un tessuto sociale che si rinnova.

Progetti innovativi e buone pratiche

Molti di questi borghi partecipano oggi a progetti finanziati da fondi europei o da reti associative italiane che promuovono l’integrazione. Il progetto Borghi Accoglienti, per esempio, collega realtà italiane che vogliono costruire un modello sostenibile di ripopolamento. Si punta sulla coesione tra cittadini storici e nuovi arrivati, evitando ghettizzazioni e promuovendo un’autentica partecipazione alla vita comunitaria.

A Caprarica di Lecce, il progetto Abitare il paese ha messo al centro il recupero degli immobili disabitati, affidandoli in gestione a famiglie che si impegnano a riqualificarli e a partecipare alla vita sociale del borgo. In questo modo, si crea un circolo virtuoso di valorizzazione immobiliare, inclusione sociale e recupero culturale.

Ostacoli e sfide

Non mancano, tuttavia, le difficoltà. I pregiudizi, la burocrazia e la mancanza di infrastrutture adeguate possono ostacolare l’efficacia di questi progetti. Inoltre, la sostenibilità a lungo termine richiede un’azione politica coerente, finanziamenti adeguati e una vera volontà di trasformazione.

La diffidenza iniziale di alcuni residenti storici è un altro ostacolo, ma spesso si dissolve quando si vedono i benefici concreti dell’integrazione: bambini che riempiono di nuovo le aule, nuove attività commerciali che aprono, feste di paese che tornano a essere affollate.

Un futuro condiviso

I borghi che hanno scelto l’inclusione non solo resistono allo spopolamento, ma diventano luoghi simbolo di un’Italia che sa reinventarsi, accogliere e costruire. Non si tratta di sostituire le comunità originarie, ma di arricchirle, farle evolvere in modo armonico, senza perdere identità e radici.

In un tempo in cui la coesione sociale sembra sempre più fragile, l’esperienza di questi borghi ci insegna che la solidarietà, la collaborazione e l’apertura possono essere la chiave non solo per sopravvivere, ma per rinascere. Queste piccole comunità ci offrono una lezione preziosa: l’inclusione non è un rischio, ma un’opportunità.